Gli eSports sono degli sport

Facciamo un passo indietro

La scorsa settimana vi abbiamo parlato del primoprotocollo di intesa e cooperazione firmato dal CONI e dal Comitato Promotore E-Sports Italia, e di come questo possa rappresentare il primo passo di un percorso di sviluppo di questo settore in Italia. Ma facciamo un passo indietro chiedendoci se ci siano i presupposti per considerare gli eSports alla stregua di uno sport e quali possano essere i benefici che la loro ufficializzazione come discipline olimpiche potrebbe portare al movimento sportico nella sua totalità.

Uno studio scientifico

Uno studio pubblicato sull’International journal of Excercise Science ha effettivamente evideniato che negli eSports players la frequenza cardiaca è simile a chi pratica sport. Ma questo non basta a poterli classificare come attività sportive, perché non si può considerare solo quello.

Perché volerli alle Olimpiadi?

L’inserimento degli eSports alle Olimpiadi rappresenterebbe un ulteriore strumento per aumentare l’interesse dei giovani verso gli sport tradizionali e, di conseguenza, anche verso la manifestazione sportiva medesima. E potrebbe essere la molla  verso un maggior riconoscimento da parte della società (mondo sportivo tradizionale incluso) verso questa disciplina.

Quali giochi verrebbero introdotti?

Come accennato nell’articolo della scorsa settimana, i giochi scelti dal Comitato Olimpico Internazionale sarebbero esclusivamente quelli che presentano dinamiche simili alla realtà e di più facile comprensione, come quelli di basket, calcio o ciclismo; degli sports virtuali quindi, che riproducono gli sport praticati nella realtà. Verrebbero dunque esclusi giochi come Call Of Duty o League Of Legends che né simulano discipline sportive realmente esistenti né promuovono i valori alla base delle olimpiadi come la pace tra i popoli (sebbe siano quelli di maggior successo fra gli appassionati di eSports).

Quali sono gli attuali ostacoli?

Svariati paesi, tra cui l’Italia, non riconoscono i pro-player come veri e propri atleti a causa dell’assenza un codice che disciplini tale professione. In Francia, e ancor prima in Corea del Sud, è stata invece introdotta una legge che regola le competizioni online.

Un altro elemento tutt’altro che irrilevante sono i publisher. Infatti, a differenza di qualunque altro sport, ciò su cui avviene la performance esportiva è un videogioco creato da una società privata che quindi ne detiene la proprietà intellettuale e che da un anno all’altro può rivoluzionare il gameplay della propria opera e quindi stravolgere totalmente l’eSport in questione. Ovviamente questo scenario è praticamente impossibile chesi verifichi per ovvie ragioni commerciali, però è per esemplificare la differenza che intercorre fra i due mondi.

Quando cambierà questa situazione?

Il Comitato Olimpico Internazionale ha indotto cinque tornei videoludici nel 2021 e sta ipotizzando di introdurre in via sperimentale gli eSports a Parigi 2024, con un inserimento ufficiale alle Olimpiadi di Los Angeles del 2028, magari con un medagliere a parte per non sollevare paolemiche da parte di colore che fanno parte del mondo degli sport tradizionali.

Tra prove scientifiche, questioni legislativo-burocratici, e riconoscimento sociale e da parte delle istituzioni, chissà quale potrà essere il futuro degli eSports e la sua considerazione da parte anche dei meno giovani che hanno meno affinità con questo mondo.